HIPEC
La chemioipertermia intraperitoneale (HIPEC) viene eseguita durante l’intervento, al termine della citoriduzione chirurgica, ma prima di realizzare le anastomosi digestive (in teoria alcune cellule neoplastiche potrebbero restare intrappolate nello spessore stesso delle tranches anastomotiche).
La procedura si svolge in 60 – 90 minuti ad una temperatura di circa 42°C con l’utilizzo di farmaci e dosaggi differenti in base al protocollo scelto ed alla patologia trattata. Per l’esecuzione della metodica è necessaria una macchina che consente di infondere all’interno dell’addome i farmaci chemioterapici diluiti in una soluzione riscaldata e di farli circolare.
Il razionale di questo tipo di perfusione è rappresentato dalla possibilità di poter considerare la cavità peritoneale come una regione ben delimitata grazie alla presenza di una barriera peritoneo-plasmatica (quella membrana che ricopre tutte le pareti interne dell’addome e riveste gli organi in esso contenuti) che impedisce ad alcuni farmaci antineoplastici di raggiungere il circolo sistemico. La presenza di tale barriera consente, inoltre, di raggiungere concentrazioni di farmaco a livello peritoneale che vanno da 20 a 1.000 volte i livelli plasmatici.
L’aggiunta dell’ipertermia è poi elemento caratterizzante: è, infatti, in grado di incrementare la penetrazione del farmaco all’interno dei tessuti, di incrementarne la citotossicità oltre a possedere un effetto antitumorale intrinseco alterando la struttura delle cellule tumorali ed inibendo la sintesi dell’RNA.
L’HIPEC risulta, però, un trattamento efficace solo se preceduto da una chirurgia citoriduttiva aggressiva che abbia lasciato un residuo di malattia di dimensioni inferiori a 2,5 mm o meglio assenza di malattia residua. Il razionale di ciò sta nel fatto che la penetrazione nei tessuti delle molecole chemioterapiche è limitata solamente a qualche strato cellulare. L’atto chirurgico diventa, quindi, parte integrante e fondamentale del trattamento delle carcinosi peritoneali indipendentemente dalla tipologia di neoplasia primitiva.
L’HIPEC può essere eseguita secondo 3 diverse metodiche: tecnica ad addome aperto, chiuso o semichiuso; quest’ultima rappresenta una metodica originale pubblicata dal Dott. De Simone e dalla sua équipe. Questa particolare tecnica consente di ridurre la dispersione di calore, di ottenere una temperatura omogenea all’interno della cavità peritoneale, di creare migliori flussi intraddominali, di controllare direttamente la cavità addominale durante l’intera procedura impedendo, comunque, la fuoriuscita di sostanze chemioterapiche dall’addome.
La chemioipertermia intraperitoneale (HIPEC) viene eseguita durante l’intervento, al termine della citoriduzione chirurgica, ma prima di realizzare le anastomosi digestive (in teoria alcune cellule neoplastiche potrebbero restare intrappolate nello spessore stesso delle tranches anastomotiche).
La procedura si svolge in 60 – 90 minuti ad una temperatura di circa 42°C con l’utilizzo di farmaci e dosaggi differenti in base al protocollo scelto ed alla patologia trattata. Per l’esecuzione della metodica è necessaria una macchina che consente di infondere all’interno dell’addome i farmaci chemioterapici diluiti in una soluzione riscaldata e di farli circolare.
I protocolli adottati prevedono l’associazione di citoriduzione ed Hipec nelle seguenti patologie:
1) Carcinosi da Mesotelioma Peritoneale
2) Pseudomixoma Peritoneale (carcinomi mucinosi dell’appendice)
3) Carcinosi peritoneale da Carcinoma colorettale in casi selezionati e con diffusione limitata (PCI<16)
4) Carcinosi Peritoneale da Carcinoma Ovarico in casi selezionati