Carcinoma ovarico

Il tumore dell’ovaio è la terza neoplasia più frequente al mondo ed è, tra quelle ginecologiche, la più letale.

Al momento lo standard terapeutico nel trattamento di I linea del carcinoma ovarico si basa sulla combinazione di carboplatino e taxolo associato a chirurgia citoriduttiva. Tuttavia, nonostante l’efficacia iniziale, il 65-80% dei pazienti con neoplasia in stadio avanzato in prima presentazione, sviluppa una recidiva di malattia, generalmente entro i primi 2 anni, necessitando di una successiva linea di trattamento. La chemioterapia sistemica con altri farmaci quali platino-derivati, taxani, antracicline, gemcitabina, topotecan e trabectidina in varie combinazioni e sequenze è il cardine del trattamento della neoplasia ovarica recidiva non operabile, con tassi di sopravvivenza mediana compresi tra i 4 e i 20 mesi.

 

La chirurgia citoriduttiva deve essere adeguata (cioè deve lasciare il minimo residuo neoplastico residuo , meglio nessun residuo macroscopico) e deve perciò essere eseguita in centri specialistici con chirurghi dedicati .

 

Il cancro ovarico è stato tra le prime neoplasie per le quali sia stato proposto l’utilizzo intraperitoneale di farmaci chemioterapici. Studi clinici randomizzati hanno dimostrato un vantaggio in termini di sopravvivenza globale nell’uso del cisplatino intraperitoneale rispetto alla terapia sistemica ed una riduzione del rischio relativo di progressione. La potenzialità della chemioterapia intraperitoneale di prolungare l’ intervallo libero da malattia e la sopravvivenza globale è molto evidente nelle pazienti con residuo di malattia minimo o nullo dopo la chirurgia primaria. Il risultato dello studio di fase III del Gynecologic Oncology Group (GOG-172) ha dimostrato che la chemioterapia “bidirezionale” con paclitaxel intravenoso più cisplatino e paclitaxel intraperitoneale incrementa significativamente la sopravvivenza nelle pazienti con stadio III di malattia ottimamente citoridotta. Sulla base di una metanalisi degli studi riguardanti questa particolare strategia di trattamento, il National Cancer Institute e il GOG hanno promulgato nel 2006 la raccomandazione clinica che le donne con cancro ovarico in stadio III, suscettibile di citoriduzione chirurgica ottimale, dovrebbero sempre essere considerate per la chemioterapia intraperitoneale.

 

Vi sono poi protocolli sperimentali di trattamento della carcinosi peritoneale di origine ovarica che contemplano l’associazione di chirurgia citoriduttiva e HIPEC. Tale approccio può avvenire in up-front (cioè come primo trattamento), dopo chemioterapia neoadiuvante (in occasione della chirurgia di intervallo, ovvero dopo 3 cicli di chemioterapia), quale trattamento di consolidamento o in caso di recidiva di malattia. Tale procedura ha consentito di raggiungere in pazienti altamente selezionate, operate dopo i primi tre cicli di chemioterapia , un miglioramento del 30% della sopravvivenza.